Fare la formazione e vincere la sfida.
No, non sei finito nella sezione “Sport”. Parliamo pur sempre di una partita, che non è di calcio ma è quella legata alle competenze. Ci sono termini piuttosto adeguati a entrambi i contesti. Forse facciamo fatica a trovare l’undici di partenza, ma tre/ quattro ruoli li troviamo comunque.
Non ci credi? Partiamo da dietro.
Nella formazione tipo (espressione cara ai calciofili) in difesa ci mettiamo l’istituzione scolastica e universitaria. Sono i nostri baluardi: se cadono, subiamo gol, ma devono essere in grado di spingere sulle fasce, sennò rimaniamo trincerati a difendere il risultato. Per vincere, invece, i gol bisogna farli.
Poi c’è il centrocampo. Zona di raccordo tra la difesa e l’attacco, fondamentale per alimentare l’azione che parte da dietro. E che deve essere supportata, o meglio assistita. Senza il centrocampo non vai da nessuna parte. O meglio, potresti anche tentare un lancio lungo a scavalcare la linea. Talvolta funziona, ma devi avere il giocatore giusto con determinate caratteristiche. O competenze. È il discorso del talento. Che poi, anche quello, da solo, non è che ti faccia vincere il match.
Arriviamo all'attacco. Nella partita della vita ci sono i nostri giovani. E qui si apre un mondo di giocatori, l’uno diverso dall’altro: ci sono gli opportunisti che aspettano la “palla”, altri che vivono sul filo del fuorigioco con alterne fortune, molti non si fidano della difesa e imparano a tornare indietro perché la palla, talvolta, te la devi venire a prendere. L’idea di tentare la lunga gittata, quella che salta il centrocampo, non trova sempre fortuna. Invece, dialogare fra i reparti, fare i movimenti giusti, sacrificarsi, permette spesso di arrivare dove vogliamo.
Ne abbiamo parlato con Maurizio Tira, Rettore dell’Università degli Studi di Brescia.
Rettore, per intenderci, cosa serve nella formazione ideale?
Come in ogni squadra, occorre avere prima di tutto metodo. Ovvero, imparare le tecniche fondamentali di gioco perché sono la base. Nello studio, significa consolidare un approccio alle varie discipline e alla complessità, perché ciò che si studia oggi, già domani dovrà essere aggiornato. Secondo: occorre una grande capacità di lavorare in team. Se da un lato è un termine abusato, tuttavia è un fatto che orientarsi verso una grande specializzazione delle competenze implica essere capaci di interagire con chi ha competenze diverse e complementari, andando oltre la logica gerarchica. Le soft skills saranno sempre più strategiche, anche nei percorsi di recruiting, perché i ruoli devono essere reinterpretati. Infine, è necessario avere una giusta solidità nei fondamentali, ma con la flessibilità di specializzarsi in base alle richieste del mercato.
Quali sono gli sforzi che difesa, centrocampo e attacco – e quindi scuola, impresa e giovani - devono compiere per migliorarsi?
Bisogna fare in modo che la solidità della base formativa offerta dalla scuola si coniughi con una finalizzazione più in linea con il contesto lavorativo e in tempi più rapidi. Nel Regno Unito, per esempio, già a 22 o 23 anni si entra in azienda al termine dell’università. In Italia i cicli formativi e i tempi medi di conseguimento di alcune lauree spostano in avanti di due o tre anni l’approdo al mercato del lavoro. Ciò significa dover poi ridurre il tempo che le imprese devono dedicare per formare “sul campo” un neolaureato. Ecco perché dobbiamo puntare di più sulla formazione in azienda durante il percorso di studi, formazione intesa non solo come stage individuale, ma come lezioni collegiali, assieme ai docenti, dentro le imprese, chiamate in modo bidirezionale a mettere a disposizione i propri spazi e moderne tecnologie per percorsi più esperienziali.
E i giovani?
A loro il compito di seguire i propri interessi e sogni, di avere fantasia, di non accontentarsi, di essere mossi da una sana ambizione e di essere disponibili alla mobilità.
Come giudica l’attuale squadra in Italia?
E quanto sono più avanti le altre “nazionali”? Restando nel paragone calcistico, siamo bravissimi nelle eliminatorie. Ci qualifichiamo alle fasi finali, ma ci manca lo spunto per vincere la sfida internazionale. Oggi abbiamo però l’opportunità di far ricorso ai fondi del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) per accelerare 15 miliardi per il sistema della formazione superiore non sono poi tantissimi, sono pari alle risorse destinate a tutte le università in due anni. Dovremmo invece allocare ogni anno almeno il 20 o 30% di risorse in più, anche per avere un minor numero di studenti per singolo docente.
Si può dire che in questa partita, manca ancora il VAR ovvero qualcosa che riconosca effettivamente i meriti evitando episodi ingiusti?
Spesso abbiamo la percezione che in Italia ci sia poca meritocrazia, poca mobilità sociale. Tuttavia, quando guardiamo alle discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) a fare la differenza sono sempre di più le capacità, le competenze, la voglia di crescere. Sono fiducioso per il futuro, anche se abbiamo ancora molto da fare, a partire dalla parità di genere, fino alla necessità di aprirci di più all’estero.
Junge Menschen begleiten, ihre Fähigkeiten fördern und ihnen auf dem Weg in den Beruf zu Seite stehen. Die Feralpi-Gruppe engagiert sich sowohl bei Projekten zur Förderung von Ausbildung und Berufsorientierung zur Unterstützung der jungen Generation bei der bewussten Entscheidungsfindung auf ihrem Weg in die Berufswelt als auch in der Hochschulausbildung und Fortbildung von Absolventen. Ein interessantes Beispiel hierfür ist ein Projekt bei Caleotto, bei dem 22 Studenten des Polytechnikums Mailand die Möglichkeit hatten, ihre Abschlussarbeiten im Rahmen von Projekten im Unternehmen anzufertigen. Sechs Absolventen wurden anschließend übernommen und haben auch heute wichtige Funktionen im Unternehmen. Einer von ihnen ist Carlo Sala: „Ich hatte 2018 die Möglichkeit, meine Abschlussarbeit bei Caleotto zu schreiben. Danach erhielt ich ein Forschungsstipendium, das es mir ermöglichte, im Unternehmen zu arbeiten und gleichzeitig weiter an der Universität zu studieren.“ Nach dieser zweijährigen Weiterbildung, bei der Universität und Unternehmen sich wechselseitig ergänzten, erhielt Sala eine Festanstellung: „Ich denke, das ist ein gutes Modell, das als Vorbild dienen sollte.“
In Feralpi mi occupo dell’attività di comunicazione. Sono responsabile delle relazioni coi media e dello sviluppo dei contenuti…digitali e non. Mi piace raccontare. Scrivo. Lo faccio da tempo per passione e per lavoro, anche da giornalista. Sono fortunato. Come si dice, “Scegli un lavoro che ami, e non dovrai lavorare neppure un giorno in vita tua”. Confucio aveva ragione (ma non ditelo ai boss). A questo punto dovrei scrivervi – per rispettare la linea editoriale che ci siamo dati – delle mie passioni. Due staccano su tutte e lo fanno di gran lunga: Giulia e Lorenzo. È infatti la sera che mi attende il lavoro più difficile, ma è anche quello che ti riempie il cuore. Fare il papà.
Quando a 5 anni giocavo al Game Gear (sì, ho messo il link se non sai cosa sia) non potevo sapere che sarei diventato Social Media Manager del Gruppo Feralpi. Lo so, le due cose non centrano nulla tra loro. Però dovevo trovare qualcosa che collegasse le mie passioni (digitale, tecnologia, games) al mio attuale ruolo. Vercellese, ora sul Lago di Garda, vivo la vita un quarto di... pizza alla volta. Ecco, avete capito anche che non mi prendo mai troppo seriamente.