

L’agente speciale Ethan Hunt è diventato famoso per le sue missioni impossibili. Tutte azioni ad alto contenuto di adrenalina, quasi sempre (vedremo se anche nella parte 2 di Dead Reckoning ce la farà…) brillantemente rese possibili.
Ecco, forse in tanti vorrebbero avere uno come lui nelle proprie organizzazioni.
Forse la stessa Europa avrebbe bisogno di questo supereroe senza poteri sovrannaturali ma dalla grande audacia per centrare gli obiettivi che essa stessa si è posta. Sebbene la possibilità di portare Tom Cruise (o quanto meno il personaggio da esso interpretato) al Parlamento UE appaia – questa sì – davvero impossibile, sarebbe forse meglio scongiurare il rischio che il più alto organo continentale non diventi il soggetto di uno dei meme più utilizzati sulla faccia dei social. Il riferimento? Quello dell’uomo che in sella a una bicicletta si mette da solo il bastone tra le ruote…

Tra riferimenti, più o meno cult, che abbiamo introdotto è chiaro che il futuro anche nel mondo dell’acciaio passa dalle scelte che si stanno prefigurando sulla scena continentale e non solo. Alcune particolarmente critiche: da una parte il passaggio degli altiforni verso la tecnologia a forno elettrico; per altri, la moltiplicazione di realtà che punteranno al rottame ferroso come nuova materia prima in sostituzione del minerale. E queste sono solo alcune delle sfide da mettere nel mirino e che toccheranno, più o meno da vicino, alcuni tra i principali attori della manifattura europea. Ci facciamo dire qualcosa di più dal Presidente di Federacciai, Antonio Gozzi.
Acciaio nel futuro. Quali sono le principali dinamiche che influenzano la siderurgia del continente?
È in atto una importante riconversione da altoforno a forno elettrico. E questo, per molte imprese, non sarà un passaggio indolore. Secondo le stime di Eurofer, il costo stimato è di circa un miliardo di euro per milione di tonnellate di acciaio prodotto. Convertirne la totalità sarà di fatto impossibile. Per essere ottimisti potremmo immaginare di convertire la metà (45 milioni di tonnellate l’anno), ma lo sforzo finanziario sarebbe comunque gigantesco. E al momento non possiamo sapere chi sarebbe a sostenere questi costi. A queste difficoltà si aggiunge il fatto che dal 1 gennaio 2026 scompariranno le free allowance. E, aggiungo, bisognerà tenere conto del costo delle CO2: anche questo è un tema, visto che ogni tonnellata di acciaio da ciclo integrale viene gravata di un extra costo di circa 200 euro. Aggravio che nessun cliente è disposto a riconoscere, a maggior ragione perché il mercato si sta spostando verso una domanda di “green steel”.
Questo cosa comporta?
Se non si allungano i tempi per la scomparsa delle free allowance, rischiamo che nei prossimi anni l’Europa possa veder diminuire la propria produzione di acciaio di 50 milioni di tonnellate l’anno. Di fatto, un terzo dell’attuale produzione.
Ma questo possibile scenario che contraccolpi darebbe all’economia del continente?
Intanto sarebbe un trend in senso opposto rispetto alle altre economie nel mondo. Avere 50 milioni di tonnellate in meno in Europa accrescerebbe la dipendenza dalle importazioni, creando una controtendenza che porterebbe ad avere supply chain meno sicure. Ci tengo a ricordare che l’acciaio è alla base di tantissime filiere industriali. I settori “innovativi” esistono perché a monte ci sono le industrie di base, come quelle che producono acciaio.
L’Europa, però, sembra non accorgersi di queste criticità…
Vero. Italia, Francia e Germania sono i più importanti Paesi manifatturieri, ma a molti stati europei interessa poco dell’industria, soprattutto quelli che acquistano tutto senza produrre. I modelli però stanno cambiando. La Germania basava parte della sua forza sul fatto di disporre di gas a basso costo, per via delle forniture dalla Russia, e un’esportazione monstre verso la Cina. Oggi entrambe queste condizioni sono saltate, e non è facile trovare un’altra via. La Germania sconta anche il fatto di avere una concentrazione industriale maggiore su soggetti di grande dimensione, con minor diversificazione merceologica, un’inferiore flessibilità e, per via delle grandi dimensioni, una difficoltà superiore ad adattarsi al contesto mutevole di questi tempi. Può tuttavia contare su un livello di modernizzazione più avanzato, così come la Francia.
E l’Italia?
La manifattura italiana è più flessibile, riesce meglio ad adattarsi ai cambiamenti. Con 1.100 miliardi di fatturato e 600 miliardi di export è tra i primi tre paesi al mondo per varietà di classi merceologiche. Il Paese però subisce il peso di una burocrazia lenta e una logistica inefficiente.
L'intervista continua sull'ultimo numero del nostro magazine | VerdeFeralpi
Il processo produttivo di Feralpi è, per sua natura, circolare: la circolarità consiste nel produrre acciaio da rottame, evitando così la dispersione nell’ambiente di rifiuti e riducendo il consumo di materie prime naturali che altrimenti servirebbero. Il rottame ferroso - materia prima più importante per Feralpi - di diversa provenienza e composizione, può essere approvvigionato come rifiuto oppure come non rifiuto, secondo quanto definito dal Regolamento UE 333/2011 “End of Waste”, e quindi essere riutilizzato. L’acciaio prodotto da Feralpi - come emerge dall’ultima DNF - è costituito per il 96% da materiale riciclato: il dato è stato sottoposto a convalida, da parte di un ente terzo, con esito positivo alle verifiche del contenuto percentuale di materiale riciclato di origine secondo le indicazioni delle norme UNI EN ISO 14021 e UNI/PdR 88:2020.
Antonio Gozzi
Presidente di Federacciai per il biennio 2022 – 2024 (dopo l’esperienza dal 2012 al 2018). Dal 1995 è Presidente e Amministratore Delegato di Duferco Italia Holding, la società che organizza la presenza italiana del gruppo multinazionale attivo in diversi settori, quali la produzione siderurgica, l’energia, l’engineering, la logistica e lo shipping. Esponente di riferimento del mondo dell’acciaio e delle attività ad esso collegate, è stato protagonista della trasformazione del Gruppo Duferco, oltre che fondatore dell’incubatore di imprese Wylab. Ha collaborato a lungo con l’Università di Genova come Professore associato, su temi riguardanti l’industria, l’energia e lo shipping. Grande appassionato di calcio, Antonio Gozzi è inoltre dal 2007 il Presidente della Virtus Entella, società calcistica di Chiavari (Genova) che milita nel campionato italiano di serie C.


In Feralpi mi occupo dell’attività di comunicazione. Sono responsabile delle relazioni coi media e dello sviluppo dei contenuti…digitali e non. Mi piace raccontare. Scrivo. Lo faccio da tempo per passione e per lavoro, anche da giornalista. Sono fortunato. Come si dice, “Scegli un lavoro che ami, e non dovrai lavorare neppure un giorno in vita tua”. Confucio aveva ragione (ma non ditelo ai boss). A questo punto dovrei scrivervi – per rispettare la linea editoriale che ci siamo dati – delle mie passioni. Due staccano su tutte e lo fanno di gran lunga: Giulia e Lorenzo. È infatti la sera che mi attende il lavoro più difficile, ma è anche quello che ti riempie il cuore. Fare il papà.